DI QUESITI E REQUISITI

PRIVILEGIATI MOLTO MERITEVOLI

La settimana prossima andrò a votare. So che non è considerato tanto tattico parlare di politica su LinkedIn, ma mi serve per poter esprimere un pensiero che ho da un po’.

Quattro dei cinque quesiti su cui si voterà la prossima settimana riguardano il lavoro e sarebbero quindi forse più adatti a questa piattaforma, ma il mio pensiero oggi riguarda il quinto: il quesito sulla cittadinanza.

Il senso della domanda è semplice: vuoi abolire la legge che prevede si debba risiedere in Italia per 10 anni, prima di poter richiedere la cittadinanza?
Rispondere “sì” significa riabbassare la residenza richiesta a 5 anni, mantenendo immutati gli altri requisiti. Chi vive l'Italia senza cittadinanza sa che è un passo insufficiente, ma fondamentale.

Cercando di capire le ragioni del "no", a me così lontane, ho letto articoli di giornale e commenti sui social. Ho capito, credo, la tesi principale: la cittadinanza va "meritata", noi ne "regaliamo" già troppe.

Io non ricordo di essermi mai meritata il passaporto. Sono nata in Italia da due genitori che avevano la cittadinanza, sebbene mia madre avesse vissuto in questo paese solo una piccola porzione della sua vita. Prima del primo vagito, ero cittadina: non ho fatto esami, vinto scudetti, e sicuramente non sapevo parlare italiano.

Facciamo spesso così. Quando gli altri cercano con fatica di ottenere un vantaggio che a noi è stato donato dal destino, iniziamo a parlare di merito. E allora la cittadinanza solo ai calciatori della serie A, le "quote rosa" non hanno senso perché i buoni leader si distinguono per le loro capacità, al Sud non si fatica abbastanza, e insomma, avete capito.

È una favola anti-storica e meravigliosa quella del merito, in un mondo così strutturalmente ineguale.

Io credo che non si possa parlare di DEI, di formazione sugli stereotipi di genere, di rispetto della disabilità, senza parlare delle cose che non ci meritiamo ma che abbiamo comunque. E delle pretese e presunzioni che abbiamo su chi non ha avuto le stesse fortune (che a dire "privilegi" divento troppo politica).

E allora a un lavoro sulla consapevolezza, a spazi di lavoro genuinamente inclusivi... e al quesito del prossimo weekend, io, per quel che vale, invito a rispondere "sì".

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