“La libertà è terapeutica”
Franco Basaglia 1924-1980
Domani è l’ultimo giorno del 2024 ed è anche l’ultimo giorno per festeggiare il centenario della nascita di Franco Basaglia, poi andiamo al 2025 e l’occasione si è persa.
E invece Basaglia è stato uno di quelli che hanno davvero cambiato il pezzo di mondo in cui si muovevano. Era un figo Basaglia, uno che faceva votare i ‘matti’ nell’assemblea del manicomio e che a suonare per loro a Trieste ci ha portato Coltrane con il suo sax.
Basaglia, in sintesi, ha rifiutato la segregazione e il trattamento disumanizzante dei pazienti psichiatrici. Ha posto al centro la dignità della persona e ha riconosciuto un ruolo chiave al contesto sociale nella comprensione dei disturbi mentali.
Un contesto sociale che, bisogna ricordare, internava le donne con diagnosi come queste:
Disobbedienza coniugale: comportamenti di contestazione verso il marito o rifiuto del ruolo tradizionale di moglie e madre venivano medicalizzati e trattati come patologie psichiatriche.
Isteria: un termine generico e vago spesso attribuito a comportamenti ritenuti "anormali" nelle donne, come emozioni intense, ribellione o desiderio di indipendenza.
Ninfomania: un'etichetta per bollare desideri sessuali percepiti come "eccessivi" o inappropriati secondo gli standard morali dell'epoca.
Melanconia: diagnosi usata per descrivere stati di tristezza o depressione, talvolta legati a condizioni come il lutto o la frustrazione per la mancanza di autonomia.
Depressione post-partum: invece di ricevere supporto adeguato, molte donne venivano considerate "pericolose" o incapaci di accudire i figli e quindi internate.
La Legge che porta il suo nome è del 1978, praticamente l’altro ieri…
Il cambiamento introdotto da Basaglia ha ispirato un nuovo paradigma in vari domini. Ha ispirato percorsi di integrazione scolastica per studenti con disabilità, promuovendo una didattica inclusiva. Ha influenzato il dibattito sulla funzione rieducativa delle carceri, ponendo al centro il rispetto dei diritti dei detenuti e il loro reinserimento sociale. Ha orientato anche gli operatori che si occupano di tossicodipendenze verso un approccio non coercitivo.
Era uno a cui l’esclusione sociale di chi è diverso da uno standard davvero non andava giù.
E questo è un proprio un buon motivo per ricordarlo.